Lettera ricevuta da Gianluca Menichetti

Dal mondo

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riceviamo questa lettera dall'autore del romanzo "Occhi di brace e artigli di ghiaccio".

Gianluca Menichetti è nato a Torino il 25/11/1981. Laureato in biologia sanitaria, dopo aver conseguito un dottorato di ricerca in scienze neuro­logiche, ha svolto attività di ricerca presso l'università di Milano nel campo della neurobiologia.

Appassionato di storia, scrittura, montagna e natura, è stato impegna­to in numerose attività in ambito sportivo e di volontariato. Ha presta­to servizio di volontariato presso la sede AISM di Torino (associazione italiana sclerosi multipla) ricoprendo incarichi nel consiglio provinciale. Socio del Club Alpino Italiano di Torino coltiva sempre la passione per montagna con continuità.

Nonostante dal 2006 gli sia stata diagnosticata la sclerosi multipla, non ha mai ceduto un centimetro alla malattia e ha cercato di gustare ogni singolo secondo che la sua vita gli ha concesso, cercando di trarre dalla malattia stessa tutti gli insegnamenti utili per continuare a crescere. Il suo motto infatti é: 'vivo di passioni affinché esse stesse vivano di me'

Lettera
Da piccolino mi chiedevo sempre come facesse la terra ad elevarsi così in alto. Guardavo le montagne con una certa ammirazione poiché tutte le volte che i miei genitori mi portavano adoravo scorgere il mondo dall'alto. È il punto di vista che preferisco di più. Quando mi arrampicavo sugli alberi immaginavo di compiere le scalate alle punte più elevate. Ho sempre sognato tramite loro e tramite le loro meraviglie.
Son cresciuto poi in posti dove la loro presenza mi ha sempre dato sicurezza quasi sentendomi cullato come se avessi quell'intima necessità di avere un riparo e sentirsi raccolto. Poi crescendo scoprii che la mia vita necessitava di orizzonti infiniti per non sentirmi soffocato. Gli unici orizzonti che mi donavano il senso dell'infinito erano quelli verticali. Le montagne per me diventarono il contatto naturale tra la terra e il cielo, tra il mondo e l'idea di Dio. Sin da giovane sentivo in me scorrere forte l'energia che queste immense cattedrali sapevano donarmi. Poi purtroppo talvolta la vita decide di farsi odiare. Ti sbatte in faccia durissime realtà. Assapori il concetto del male lo assimili e lo fai tuo. Ti ritrovi purtroppo di fronte ad una scelta. O fai di tutto per vincere e riprenderti la tua vita o ti fai trascinare in fondo il più possibile.
Io però detestavo le basse quote. Scendere mi ha sempre messo tristezza. Ho sempre amata salire. Così imparai che se la vita fa di tutto per farsi odiare forse è li che devi amarla ancor di più, lo fa solo per essere ancor più amata dopo, come una donna vanitosa lo fa per essere ancor più desiderata. Ritornai ad amare la vita proprio tramite il mio vecchio amore. Ci sono infatti amori e passioni che bruciano come la paglia. Ma il fuoco di paglia si sa è veloce intenso ma di esso non rimane nemmeno il calore. Ci sono altri amori che pulsano con forza e rimangono in te per sempre. Se poi son proprio loro a salvarti rimarranno indelebili in te.
Passarono così su di me i giorni più neri e atroci ma una terapia personalizzata e ottimale, la forza fisica che mi ha sempre contraddistinto e quella carica che solo l'amore per la montagna poteva darmi costruirono insieme il piccolo miracolo. Ai primi accenni di miglioramento e come la malattia che per alcuni anni mi relegò in gabbia diminuì la presa tornai sulle mie amate cime, tra gli splendidi boschi abbeverandomi nei ruscelli. Non so se un fluido magico scorresse su una certa quota ma ad ogni ascesa seguiva un miglioramento. Inizialmente pativo e soffrivo ma amo le salite proprio perché mezzo per apprezzare meglio i panorami, i paradisi e le relative discese. Segui un anno di intenso allenamento fino a ritrovarmi ad affrontare sfide man mano sempre più difficili.
Salivo nei posti dove occorre forza per attingere e trovar proprio quella forza che mi serviva. Con il tempo e con i successi scoprii però un nuovo aspetto unico che la montagna sapeva donare. Quello dell'equilibrio. Non parlo solo di quello fisico, per il quale la montagna è un'ottima palestra di fisioterapia e di allenamento ma di quello morale. Era incredibile come salendo sparivano le ansie e preoccupazioni di una vita. Come se decidessero di non salire poiché troppo faticoso per loro. Le rincontravo nelle discese dove le avevo lasciate ma ogni volta mi ritrovavano più forte e testardo. Alla fine mi son sempre chiesto perché vado in montagna. Le risposte sono molteplici. In natura le malattie arrivano e la medicina cura ma è la natura che guarisce e la mia personale terapia è stata la montagna che è l'espressione più estrema di madre natura. Inoltre la montagna ti insegna a respirare modulando il tuo cuore e i tuoi battiti, insegnandoti a non sprecare fiato per le parole inutili. In montagna non ci sono cose inutili: ci sei tu e il tuo corpo, che devi custodire e curare, se vuoi avere le forze. La mente deve essere sempre attiva e devi fare molta attenzione, devi essere presente a te stesso, senza distrazioni tornare a quello stadio primitivo in cui la natura e i suoi movimenti erano parte della tua vita, parte integrante del tuo quotidiano.
Tal volta la prima vera terapia è nella nostra mente. Solo che l'abbiamo nascosta e stipata in un comodino, chiusa, e buttato la chiave. Difficile dire cosa c'era nella fialetta segreta, credo che il principio attivo sia l'amore verso noi stessi. Tante altre terapie sono e rimarranno aleatorie in confronto, altro che topi e cavie, la prima cavia siam noi stessi dovrebbe essere questa la prima regola della farmacologia e quel comodino in cui era nascosta la mia fialetta magica era proprio la montagna.
È pesante il mio zainone quando vado in montagna, ma non è solo carico di materiali e di viveri: dentro vi sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi,il mio carattere, la mia solitudine e aggiungerei la vera forza dell'amicizia e dell'affetto... In montagna non porto il meglio di me stesso: ma tutto me stesso, nel bene e nel male affinchè con i suoi insegnamenti diventi sempre migliore.

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